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Un aereo a propulsione ionica

Recentemente la mia attenzione è stata richiamata su un articolo riguardante il primo volo di un velivolo a propulsione ionica. Questo articolo è comparso su diversi altri siti, come ad esempio qui e qui, e presentano questo successo come il futuro dell’aviazione pulita e efficiente. Mettiamo le cose nel giusto contesto.

Questi articoli si riferiscono agli articoli apparsi il 22 novembre sul numero 562 di Nature[1][2], che descrivono il primo tentativo riuscito di volo sostentato a propulsione ionica. Questo tipo di propulsione sfrutta un fascio di ioni accelerati, generalmente per via elettrostatica, per produrre una spinta grazie al terzo principio della dinamica. Il concetto in sé non è nuovo, in quanto la NASA ci lavora già da parecchio tempo nell’ambito della propulsione spaziale,[3] l’elevato impulso specifico associato con deboli accelerazioni lo rende infatti ideale per la propulsione nello spazio anche se inadatto per razzi vettori.

Fino alla dimostrazione pubblicata qualche giorno fa su Nature, si riteneva che questo mezzo avesse un rapporto spinta/peso (T/W) limitato e insufficiente ai fini della propulsione di un velivolo tradizionale. La novità essenziale, come dichiarato dagli stessi autori[2], è che questa esperienza dimostra che questo limite è superabile.

Ma guardiamo più in dettaglio alle caratteristiche di questo apparecchio:[2]

  • velocità : 4.8 m/s
  • spinta: 3.2 N = 326 g
  • densità di spinta = 3 N/m^2
  • tensione: 40 kV
  • potenza: 600 W
  • potenza specifica batteria LiPo: 1.2 kW/kg
  • apertura alare : 5m
  • efficienza : 2.5%
  • T/W (spinta per unità di peso): 1.3 N/kg
  • T/P (spinta per unità di potenza): 5.2 N/kW = 0.005 N/W

Il modo di generare la spinta è evidentemente molto diverso dai motori tradizionali, e in questo risiede sia la forza che la problematica di questo sistema. Mentre i motori jet tradizionali prediligono una grande velocità di uscita dei gas di scarico per generare la forza necessaria e questo permette di avere motori relativamente compatti (elevata densità di spinta), il vento ionico è prevalentemente a bassa velocità e questo richiede superfici più graandi per generare la spinta richiesta (è quello che si intende con spinta distribuita, perché in generale è “distribuita” sulla superficie dell’aereo). Inoltre la propulsione ionica richiede uno spazio libero fra gli elettrodi per permettere agli ioni di spostarsi e generare il vento ionico.

Studi recenti[4] dimostrano che in condizioni teoriche ottimali un rapporto T/W di 1.1 g/W è possibile, il che corrisponde a 0.0098 N/W ed è coerente con quanto ottenuto in [2].

La spinta è proporzionale alla superficie perpendicolare alla direzione (ref.[5], eq. 2.1 e 2.2). Questo ci permette di poter estrapolare linearmente con la superficie il valore misurato di 5 N/m2. A partire dai dati pubblicati, la potenza necessaria risulta invece scalare come la radice quadrata del peso, una volta tenuto conto del fatto che una parte del peso da sollevare è costituito dalle batterie stesse. In questo modo possiamo stimare la potenza e le dimensioni necessarie con la tecnologia attuale per velivoli di dimensioni diverse. In particolare possiamo stimare questi valori per un velivolo come l’Airbus A320, un aereo di taglia media. Naturalmente questa stima è lontana dall’essere precisa ma ci da informazioni su come scalano certi parametri con la taglia e il peso del velivolo considerato.

A titolo di riferimento, il peso del prototipo è già comparabile a quello di un grosso aereo radiocomandato, che però avrebbe una dimensione di soli 1.5m circa e supera facilmente i 13 m/s. Un velivolo di 1 tonnellata richiederebbe una spinta di 1300 N e 26 kW di potenza, per una superficie propulsiva di 433 m2 (per esempio, un’area di 37x12m). Se rapportiamo le caratteristiche del prototipo a una aereo del peso di un A320 (stimato a 120 ton) otteniamo una potenza necessaria di 300 MW per una dimensione della superficie propulsiva di 52000 m2 (per esempio, un’area di 410×130 m) e questo calcolando solo la propulsione senza contare il payload. Siamo ovviamente lontanissimi dalla possibilità di uno sfruttamento commerciale.

D’altra parte, gli stessi autori dell’articolo affermano che è stata certamente dimostrata la fattibilità del volo sostentato[2] (che quindi non include fasi di decollo e atterraggio) e questo è certamente intrigante e promettente, ma che questo è ancora largamente insufficiente per poter immaginare applicazioni commerciali per le quali la densità di spinta raggiunge valori di 1000 N/m2.[2] L’esperienza, anche se indubbiamente interessante, rappresenta per ora una semplice “prova di principio”([2] pag. 563).

Una qualunque applicazione concreta richiede infatti di studiare approfonditamente ancora molte questioni:

  • L’aumento della tensione per aumentare la spinta richiede di aumentare le distanze fra gli elettrodi e di conseguenza il volume della struttura,
  • Il payload non può essere propulsivo per sua natura, perché c’è bisogno di spazio libeto fra elettrodi per funzionare e questo non è possibile per passeggeri, bagagli e merce utile. La frazione percentuale di struttura propulsiva e payload necessaria per un utilizzo concreto rimane una questione totalemente aperta,
  • Le batterie LiPo usate nel prototipo sono altamente performanti, ma tendenzialmente pericolose come tutte le batterie al litio. Questo apre la questione sulle performance e il tipo di batterie richieste,
  • Altri effetti da prende in causa per un utilizzo quotidiano e estensivo:
    • Temperatura, pressione e umidità atmosferica: questi parametri hanno grande effetto sulla densità e di conseguenza sulla rigidità dielettrica e il valore della spinta.[6]
    • l’effetto corona, alla base della propulsione EAD, produce forti interferenze radioelettriche.[6] I segnali radio alla base della navigazione aerea attuale (comunicazioni, radiofari, ILS, etc.) ne risulterebbero pertanto fortemente disturbati.
    • Qual è l’effetto di un vento reale sul vento ionico che genera la spinta?

A condizioni di ulteriori ricerche e sviluppi, i valori ottenuti sono compatibili con piccoli velivoli senza grosso carico utile come i droni. La possibilità di avere droni puliti, silenzionsi, senza necessità di carburante tradizionale apre però un’altra prospettiva: quello delle applicazioni militari. Come spesso avvenuto in passato, se questa tecnologia sarà in grado di mantenere quello che promette allora saranno sicuramente le forze armate che spingeranno sulla ricerca. E le ricadute sul mondo civile dovranno attendere ancora molto.


Riferimenti

[1] Nature 563, 476-477 (2018), doi: 10.1038/d41586-018-07411-z
[2] Nature 563, 532-535 (2018), doi.org/10.1038/s41586-018-0707-9
[3] Asymmetrical Capacitors for Propulsion, NASA (2004), https://ntrs.nasa.gov/search.jsp?R=20040171929
[4] D. V. Dremin et al., Thrust and thrust-to-power ratio in electrohydrodynamic propulsion electrode systems, 2017, J. Phys.: Conf. Ser. 927 012015, doi:10.1088/1742-6596/927/1/012015
[5] K. Masuyama and S. R. H. Barrett, On the performance of electrohydrodynamic propulsion, R. Soc. London Proc. Ser. A 469, 20623 (2013).
[6] A. Slama, Cours Haute Tension: tension de claquage et vide, Université des Sciences et de la Technologie d’Oran, 2016, https://www.slideshare.net/AmineSlama2/cours-haute-tension-claquage-des-gaz-vide

Questo articolo è tradotto anche in fr_FR.

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